Il concetto di business resilience è oggi sempre più discusso all’interno delle teorie di management e nelle imprese.
Che cosa si intende esattamente?
Il termine riguarda una gestione del business votata alla creazione di organizzazioni capaci di adattarsi e rispondere ai cambiamenti.
Un business resiliente sa in anticipo come affrontare eventi inaspettati, assorbendone gli impatti e individuando i modi più efficienti per continuare a crescere.
Questa definizione potrebbe far credere che la business resilience riguardi esclusivamente le organizzazioni di maggiori dimensioni, dotate dei mezzi per minimizzare le conseguenze di un evento inatteso.
Eppure, ogni realtà è oggi chiamata a sviluppare una struttura flessibile e capace di garantire una continuità della crescita in un contesto alterato. Il biennio 2020-2022 lo ha dimostrato in modo inequivocabile: formulare previsioni sul futuro è sempre più difficile.
Proprio per questo è necessario dotarsi di strategie con cui ridurre i rischi, mitigare i danni e massimizzare i risultati positivi. Un principio che vale anche per le PMI; la tecnologia offre infatti un aiuto enorme anche alle realtà più piccole.
Insieme ai benefici del digitale, approfondiremo come i diversi dipartimenti di un’azienda possano sviluppare la struttura resiliente di cui abbiamo parlato, e quale sia la differenza tra business resilience e business continuity.
Come sempre ci concentreremo sul panorama delle aziende B2B per comprendere i vantaggi e le sfide di una gestione resiliente della propria azienda.
Business continuity vs business resilience: le differenze
Quando si parla di business continuity, si fa riferimento alla capacità delle aziende di garantire l’erogazione dei propri prodotti o servizi in tempi ragionevoli a livelli predefiniti nonostante blocchi di produzione, ritardi nelle forniture, disastri naturali o altri eventi imprevisti.
La definizione è dettata direttamente dallo standard ISO 22300:2018.
Il concetto di business resilience potrebbe sembrare simile, ma è in realtà più ampio.
Vediamo perché.
Un business resiliente non è solo in grado di garantire livelli standard di produttività in condizioni difficili, ma è anche capace di continuare crescere in un ambiente complesso.
Questo è possibile solo dopo aver formulato a priori delle strategie con cui affrontare eventuali shock. Queste strategie si devono sempre basare su un’analisi del mercato, dell’organizzazione stessa e sulla formulazione di scenari ipotetici a cui l’azienda è chiamata a rispondere.
La raccolta di dati a questo fine, la loro rielaborazione e la definizione di processi con cui farsi trovare pronti sono gli elementi essenziali per costruire un business resiliente.
Se formulare previsioni esatte sul futuro è impossibile, soprattutto nel mercato di oggi, è altrettanto vero che esistono soluzioni concrete per anticipare le problematiche, interne ed esterne a un’organizzazione.
Eccone alcune molto comuni:
- La mancanza di materia prima, con conseguente blocco della produzione, a causa di un ritardo del fornitore;
- un’alluvione che rende inagibile un centro logistico, bloccando la spedizione dei prodotti;
- un’inchiesta giudiziaria che colpisce una società partner, con un danno reputazionale che si riverbera anche su di noi;
- le dimissioni improvvise di una figura chiave del management;
- la chiusura di un distributore, con un calo delle vendite estere.
Questo elenco permette di capire come l’intera azienda, dall’ufficio acquisti fino alla direzione generale, possa essere interessata da eventi imprevisti a cui porre rimedio.
Ogni dipartimento deve essere dunque in grado di reagire ai colpi subiti, costruendo una resilienza in tutti gli ambiti d’azione dell’impresa, come sottolinea un recente studio a cura di McKinsey.
Proprio per questo possiamo declinare la business resilience in varie tipologie:
- La resilienza organizzativa indica la capacità di costruire una struttura dotata delle risorse, umane e materiali, in grado di adattarsi a cambiamenti di scenario improvvisi. L’azienda in questo caso dovrà contare su un team di persone capaci di lavorare in condizioni mutevoli, grazie a conoscenze e competenze specifiche. Pensiamo ad esempio a come le aziende abbiano affrontato nel 2020 la pandemia: chi già era abituato a lavorare da remoto ha continuato a operare in modo più efficiente rispetto ai propri concorrenti.
- La resilienza finanziaria comporta una diversificazione delle forme d’investimento adottate da un’azienda, ma non solo. Un’impresa con una struttura finanziaria resiliente sa bilanciare obiettivo di medio e lungo termine, puntando su una massimizzazione dei ricavi piuttosto che sul solo controllo dei costi.
- La resilienza operativa permette di continuare a operare in condizione alterate, ma come già ribadito, non si tratta solo di questo. Una struttura produttiva resiliente è in grado di mantenere i volumi, innalzare la qualità e incrementare i ricavi anche in presenza di un mercato incerto. Ecco perché il business continuity plan – inteso come piano per garantire la continuità della produzione a cui abbiamo accennato – è solo un tassello in una strategia più ampia che non si limita a tamponare le perdite, ma punta a cogliere nuove opportunità anche quando si naviga in acque burrascose.
- La resilienza reputazionale è propria delle organizzazioni in grado di proteggere la propria immagine e difendere il posizionamento acquisito attraverso politiche chiare. Un’azienda resiliente da questo punto di vista sa prevenire le crisi che potrebbe intaccare la sua credibilità, selezionando partner in linea con i propri valori, agendo in modo coerente e comunicando in modo trasparente.
Costruire un’azienda resiliente: gli step del processo
Indipendentemente dall’ambito, la costruzione di un’azienda resiliente comporta dei passaggi fondamentali.
Dobbiamo infatti tenere presente che non esiste un approccio unico a questo tema e che ogni realtà dovrebbe agire in modo coerente con i propri obiettivi, settore e dimensioni.
Vediamo a quali domande si deve rispondere.
- Svolgere un’analisi dell’ambiente esterno: il mercato sta crescendo o si sta riducendo in termini di imprese e fatturato? Quali sono i rischi presenti? Che opportunità si possono cogliere in Paesi esteri? Chi sono i concorrenti? Quali sono le previsioni future in merito all’andamento del mercato? Quali sono le policy pubbliche che lo regolamentano? Stanno cambiando?
- Sviluppare un’analisi dell’ambiente interno: l’azienda è dotata delle risorse necessarie per adottare un piano di resilienza? Quali sono le possibilità d’investimento in questo campo? Quali sono le figure che dovrebbero occuparsene in azienda? Che meccanismi di controllo è necessario mettere in atto?
- Definire un resilience plan: una volta ottenuta una fotografia dell’impresa e del suo ambiente, è necessario passare al piano d’azione. Un piano di resilienza completo include una serie di elementi coerenti tra loro, e tra quelli immancabili c’è una mappatura dei rischi per l’impresa, corredata dalle azioni da attuare per la gestione del rischio. Quali sono i rischi a cui è esposta la nostra azienda? Quanto è probabile che si verifichino? Come è possibile mitigarli o azzerarli? Come gestire la comunicazione in caso di emergenze?
- Effettuare un monitoraggio efficace: quanto sono efficaci le soluzioni che abbiamo introdotto? Sono migliorabili? È possibile svolgere dei test periodici per verificarne l’efficacia?
Vediamo ora come le aziende B2B possano sviluppare la propria resilienza a livello organizzativo, operativo, finanziario e reputazionale.
Un esempio di resilienza dal mondo B2B
Originariamente, il concetto di business resilience è stato applicato alle aree IT delle aziende.
Il rischio di cybercrimini, attacchi hacker e danni alle infrastrutture ha determinato l’adozione di soluzioni per proteggere i dati.
Ma come abbiamo visto, il concetto riguarda in realtà ogni dipartimento aziendale e, soprattutto oggi, anche settori distanti dall’ICT.
Ad esempio, una PMI specializzata in macchine utensili per il taglio della lamiera è a sua volta chiamata a rivedere le proprie strategie per rispondere ai cambiamenti improvvisi del mercato.
Pensiamo proprio allo scenario post-2020.
Il blocco a fiere e viaggi di lavoro che per mesi ha colpito le aziende B2B ha messo in crisi le modalità con cui venivano sviluppate nuove relazioni commerciali.
Il produttore di macchinari ha dovuto cambiare la propria organizzazione, sfruttando sempre di più modalità di lavoro a distanza e ibride. La sfida principale ha riguardato il personale dell’area vendite, in gran parte abituato a svolgere di persona le proprie attività.
A livello operativo, si è trattato di massimizzare gli investimenti in soluzioni digitali per la lead generation, puntando su soluzioni con cui individuare aziende target. Non solo: l’analisi dell’ambiente esterno ha spinto l’azienda a prendere in considerazione mercati alternativi a quelli già battuti, in modo da ridurre la dipendenza da singoli clienti che in quel momento si trovavano in maggiore difficoltà.
A monte della supply chain, si è tratto di fare i conti con un rischio di fornitura sempre più pressante: i colli di bottiglia lungo le catene del valore globali hanno infatti generato ritardi di produzione per numerosissimi settori, sommandosi ai rincari delle materie prime.
A questo fine, il supply chain manager dell’azienda ha dovuto analizzare il mercato per individuare fornitori alternativi di componenti elettroniche per la realizzazione delle macchine, sviluppando un piano B per continuare a operare.
L’approccio ha consentito di rafforzare anche la reputazione: grazie ai nuovi fornitori, l’azienda è riuscita a evadere gli ordini nonostante un blocco della produzione di un partner storico, evitando così un danno d’immagine.
Infine, a livello finanziario, diversificare i mercati di sbocco grazie a soluzioni digitali per la ricerca di clienti ha consentito di mantenere il livello di ricavi precedente, risparmiando allo stesso tempo sui viaggi di lavoro.
Con il passare dei mesi, l’insieme di tutti questi accorgimenti è stato formalizzato in un piano soggetto a revisione periodica, al cui interno sono indicati ruoli, procedure e obiettivi che i dipartimenti aziendali devono perseguire per garantire una struttura resiliente.
Conclusioni
Abbiamo visto che cosa si intenda con business resilience, e come il concetto oggi sia sempre più importante.
La resilienza applicata a un’azienda non è da confondersi con la business continuity. Quest’ultima, infatti, ha natura operativa e riguarda la capacità di rendere disponibili prodotti e servizi in un intervallo di tempo ragionevole a livelli predeterminati, a fronte di condizioni complesse.
La business resilience riguarda invece la capacità strategica di farsi trovare pronti di fronte a scenari difficili, garantendo comunque una crescita sostenibile grazie a una riduzione dei rischi e una loro gestione.
L’azienda resiliente formula scenari ipotetici, individua modalità per affrontarli e riparte quando messa alla prova, grazie a piani dedicati.
Il punto di partenza di questo processo è rappresentato da analisi dell’ambiente interno ed esterno per mappare i rischi a cui esposta l’organizzazione, le opportunità da cogliere per rafforzarsi e le azioni da mettere in atto per far fronte alle difficoltà.
Tutto questo si declina a livello finanziario, operativo, reputazionale e organizzativo: l’intera struttura di un’azienda deve cambiare in modo da costruire un modello di business resiliente. Abbiamo raccontato la storia di un’azienda manifatturiera B2B in grado di raggiungere questo obiettivo attraverso soluzioni ad hoc.
A prescindere da settore e dimensioni infatti, ogni realtà oggi può (e deve) dotarsi dei mezzi per crescere in uno scenario globale sempre più complesso.
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