Diversificazione di prodotto | Immagine di anteprima a colori | Immagine che mostra mani e tablet di manager al lavoro durante un brainstorming per diversificare in modo efficace i prodotti della propria impresaLa diversificazione di prodotto è una strategia d’impresa molto comune.

Viene adoperata sia dalle aziende B2B che da quelle B2C, ed è sulle prime che ci concentreremo nel nostro approfondimento.

Diversificare la produzione comporta un’espansione della gamma dei prodotti sviluppati da un’azienda, al fine di raggiungere nuovi segmenti di clientela all’interno di mercati diversi da quelli in cui già si opera.

Chi lavora nel mondo business To business deve infatti fare i conti con situazioni che potrebbero spingere verso una strategia di diversificazione. Eccone alcune:

  • Un mercato affollato da concorrenti con una posizione consolidata;
  • un calo delle vendite, con una conseguente diminuzione della redditività;
  • un prodotto ormai obsoleto che necessita di essere aggiornato o dismesso.

Ci sono poi anche delle opportunità che questa strategia consente di cogliere:

  • La possibilità di valorizzare competenze e risorse interne;
  • l’accesso a mercati esteri non ancora presidiati;
  • l’ingresso in nuovi settori utilizzando il know how e le competenze già maturate nel corso della storia dell’azienda.

In ogni caso, affinché l’operazione possa avere successo, bisogna tenere a mente degli aspetti cruciali.

La diversificazione è infatti un processo con tempistiche medio-lunghe, a cui si somma la necessità d’investimenti elevati.

Non solo: l’organizzazione deve essere pronta ad adattarsi al cambiamento, così da sviluppare nuove logiche e procedure per sfruttare al massimo il frutto della diversificazione di prodotto.

Prima di affrontare le modalità con cui il processo può essere attuato, vediamone le tipologie e le caratteristiche di ciascuna.

Diversificazione di prodotto illustrata dalla matrice di AnsoffDiversificazione di prodotto: tipologie e caratteristiche

La diversificazione è una delle quattro parti fondamentali della matrice di Ansoff.

Si tratta di uno schema teorico per descrivere le strategie di crescita adottate dalle imprese tenendo conto di due variabili: il prodotto e il mercato.

Come si evince, la diversificazione di prodotto comporta anche un cambiamento nel mercato di azione dell’organizzazione.

Questo cambiamento avviene di solito su due livelli:

  • All’interno dello stesso settore in cui opera l’azienda, ma in un suo segmento diverso. Un esempio è quello di un’azienda specializzata nella progettazione di macchinari per la lavorazione del legno che sviluppa una nuova linea di macchine per il taglio della lamiera. Il processo può anche essere definito in questo caso diversificazione correlata.
  • In settori completamente diversi rispetto a quello in cui opera l’impresa. Immaginiamo ad esempio un’azienda produttrice di componenti pneumatiche per l’automotive che decide di d’imbracarsi nella produzione di tubi in PVC destinata all’agricoltura. In questo caso si parla diversificazione non correlata.

Vediamo ora vantaggi e rischi per ciascuno dei due approcci.

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Manager al lavoro su un progetto di sviluppo basato sulla diversificazione correlata del prodotto e del mercatoLa diversificazione correlata: vantaggi e rischi

Optare per una diversificazione correlata rappresenta di solito la via più sicura per un’azienda.

Puntare a un mercato simile a quello in cui già si opera permette infatti di ridurre i rischi, ottenendo comunque un ritorno sull’investimento positivo.

In che modo? Grazie a:

  • Una riduzione dell’incertezza operativa alla luce dell’affinità dei nuovi prodotti con quelli già commercializzati;
  • un abbassamento dei costi medi di produzione ed erogazione dei servizi;
  • la possibilità di sfruttare la brand awareness già acquisita all’interno del proprio settore;
  • un’attività di R&D più efficiente grazie alle conoscenze e competenze possedute.

Come emerge anche dalla ricerca accademica nell’ambito, la diversificazione correlata è di solito contraddistinta da maggiori stabilità e prevedibilità degli indicatori finanziari come il ROI (Return on Investment) e il ROE (Return on Equity).

Ciò significa che di norma un’impresa diversificata in settori simili al proprio potrà beneficiare di performance più stabili nel tempo, e di una pianificazione finanziaria meno complessa rispetto a chi ha scelto la via della diversificazione non correlata.

Nel primo caso, infatti, il trasferimento di tecnologie e processi tocca un settore con caratteristiche vicine a quello in cui l’impresa già opera.

L’esempio dell’azienda produttrice di macchinari usato in precedenza aiuta a comprendere il concetto: per quanto le macchine utensili per il legno siano diverse da quelle per la lamiera, appartengono in ogni caso al macrosistema machinery.

È quindi probabile che le competenze usate per progettare le prime possano essere sfruttate anche per le seconde, in tempi più rapidi e con costi minori rispetto a chi si affaccia su questo mercato per la prima volta.

La diversificazione non correlata: vantaggi e rischi

Sono proprio le aziende B2B che si avventurano per la prima volta in mercati inesplorati ad affrontare i rischi maggiori.

La diversificazione non correlata impone infatti di sviluppare da zero nuove strategie con cui posizionarsi all’interno del mercato obiettivo scelto.

La mancanza di una conoscenza specifica di quest’ultimo può infatti tradursi in una maggiore difficoltà nel prevedere e gestirne i cambiamenti, oltre che in tempistiche più lunghe per sviluppare prodotti che possano differenziarsi da quelli della concorrenza.

Per questo l’operazione è di solito preceduta da analisi preliminari, il più delle volte a cura di consulenti esterni al fine di valutare la fattibilità dell’operazione.

Una volta verificata la presenza delle condizioni necessarie, non è raro che questa tipologia di diversificazione possa rivelare i suoi frutti. In particolare:

  • Redditività più elevata nonostante le fluttuazioni di mercato;
  • distribuzione del rischio d’impresa su una base ampia di attività in mercati diversi;
  • maggior facilità nell’attrarre nuovi investitori grazie alla redditività potenzialmente più alta.

Tuttavia, proprio la maggiore incertezza operativa rende più difficile formulare previsioni sull’andamento di queste operazioni.

Inoltre, in questi casi può essere più complicato sfruttare la brand awarenss già acquisita, poiché l’azienda non sarà riconosciuta allo stesso modo dovendo affermarsi in nuovo settore.

Vediamo ora quali siano le soluzioni a disposizione delle aziende per attuare una diversificazione di prodotto, sia correlata che non correlata.

Immagine con blocchi di legno per rappresentare il concetto di strategia e le modalità con cui sviluppare una diversificazione di prodottoDiversificazione d’impresa: le modalità per svilupparla

Le modalità a disposizione delle aziende B2B per diversificarsi sono rappresentate dallo sviluppo interno, dalle joint venture e dalle operazioni di M&A.

Approfondiamone i dettagli.

  • Lo sviluppo interno è la strada percorsa di solito nei casi di diversificazione correlata. Si tratta d’internalizzare i processi con cui sviluppare e lanciare nuovi prodotti. In questo caso, il management decide di puntare sulle risorse dell’azienda, integrandole talvolta con forme di finanziamento esterne. Spesso si dà il caso che l’impresa debba assumere personale per affrontare il processo o dotarsi di nuove infrastrutture come uno stabilimento più ampio o un centro di ricerca dedicato. Ciò comporta costi elevati, ma di solito inferiori a quelli della diversificazione non correlata.
  • Le joint venture permettono a due o più aziende di sviluppare progetti comuni, tra cui rientrano anche le operazioni di diversificazione. Un esempio è quello di due produttori elettrotecnici specializzati in cavi che avviano una joint venture per sviluppare una linea di armadi di derivazione. L’unione tra le due imprese permette di condividere i rischi dell’operazione e i suoi costi, oltre al know how necessario per ampliare la gamma di prodotti.
  • Le attività di M&A (mergers & acquistions) sono quelle più complesse, ma maggiormente utilizzate nei casi di diversificazione non correlata. Acquisire un’altra organizzazione o avviare una fusione è infatti la scelta ottimale quando si tratta di entrare in scenari competitivi sconosciuti. Ciò consente di sfruttare la notorietà e le strutture di brand già avviati, oltre che ridurre le tempistiche tipiche dello sviluppo interno.

Diversificazione di prodotto | Immagine di una scrivania di una manager con foglie, appunti, due tazze di caffè e progetti di businessConclusioni

Abbiamo visto come la diversificazione di prodotto rappresenti una strategia con scopi diversi.

Può rivelarsi utile per far fronte a un calo delle vendite, o per rispondere alle sfide di un mercato popolato da concorrenti molto agguerriti.

Essa, come mostra la matrice di Ansoff, comporta sia un cambiamento nella gamma di prodotti dell’azienda che un’evoluzione dei suoi mercati di sbocco.

Questa trasformazione può avvenire in modo correlato o non correlato. Nel caso di diversificazione correlata, l’espansione avviene in un mercato collegato a quello attuale dell’impresa.

Diversamente, nel caso di una diversificazione non correlata, lo sviluppo di nuovi prodotti permette l’ingresso in settori distanti da quelli attuali.

Entrambi i tipi di operazione presentano costi consistenti e tempistiche più o meno elevate.

La diversificazione correlata è di solito l’opzione meno rischiosa e più controllabile, poiché le similitudini tra le vecchie produzioni e quelle nuove permettono d’impostare i processi in modo più immediato.

Al contrario, la diversificazione non correlata è di solito più ostica in termini manageriali, ma caratterizzata da risultati finanziari più elevati, come confermato dalla ricerca economica in questo ambito. Soprattutto in questo caso è comune affidarsi a consulenze e studi di mercato per valutare la fattibilità dell’operazione.

Le soluzioni adottate in entrambi i casi sono di solito lo sviluppo interno, le joint venture e le operazioni di M&A.

Lo sviluppo interno presenta tempistiche medio-lunghe poiché l’impresa dovrà realizzare internamente quanto previsto dalla strategia di diversificazione, integrando nuove professionalità – se necessario – e dotandosi di infrastrutture all’avanguardia.

Le joint venture consentono alle imprese una condivisione dei rischi e dei costi connessi alle operazioni di diversificazione, permettendo allo stesso tempo di mettere in comune l’expertise necessario. Anche le joint venture presentano di solito tempi lunghi, dovuti soprattutto alla definizione dei dettagli alle base dell’accordo tra le società.

Le operazioni di M&A infine rappresentano la scelta più complessa ma anche più efficace, soprattutto nei casi di diversificazione non correlata: in particolare le acquisizioni di società già avviate consentono di entrare in mercati ancora inesplorati senza sviluppare da zero le attività.

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