Il settore metallurgico italiano si trova di fronte a uno in rapida trasformazione: non mancano infatti le sfide per le aziende produttrici.
Accanto a queste, si segnalano tuttavia anche nuove opportunità: la ripresa del commercio internazionale degli ultimi mesi mette in luce un rilancio della filiera e la sua capacità di mantenere il proprio ruolo, in Italia e all’estero.
Ma quali sono gli scenari di mercato? In che aree (e con che soluzioni) le imprese possono far fronte a complessità sempre maggiori?
Metallurgia italiana: un sguardo al settore
La metallurgia italiana e i suoi comparti hanno vissuto negli ultimi tempi un andamento altalenante. La contrazione del mercato degli anni recenti ha indubbiamente inciso sullo sviluppo di numerose aziende, in primis quelle siderurgiche.
A testimoniarlo, la relazione annuale 2019 di Federacciai, che riunisce le principali imprese del Paese in questo ambito.
Le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, la crescita ridotta d’importanti settori utilizzatori come l’automotive e, più in generale, il rallentamento della nostra manifattura hanno senza dubbio contributo alla frenata del comparto. A questo si è sommata la crescente competizione internazionale, con la Cina a rivestire ormai una posizione di primo piano per la produzione di acciaio (oltre 996,3 milioni di tonnellate nel 2019).
Un rallentamento che nel 2020, come noto, si è trasformato in un vero e proprio crollo a causa del blocco delle attività produttive che si è abbattuto sulle catene del valore mondiali.
L’Italia non ha fatto eccezione da questo punto di vista: negli scorsi mesi, le previsioni stimavano una perdita del 23,8% per la produzione di metalli nostrana.
L’attesa di un rilancio sembra trovare conferma negli ultimi dati del commercio internazionale diffusi da ICE: nei primi 4 mesi del 2021, l’export di metalli di base e prodotti in metallo è cresciuto infatti del 29,1% rispetto allo stesso periodo del 2020.
Sulle cifre pesa il confronto con lo stop forzato dello scorso anno, ma si tratta di un segnale positivo che vede molte delle nostre aziende pronte a ripartire. L’attuale congiuntura resta tuttavia segnata da incertezze, come il rincaro delle materie prime che sta caratterizzando questo periodo.
Nel settore metallurgico gli aumenti riguardano in particolare i rottami ferrosi, utilizzati all’interno di numerosi processi di lavorazione: la prima metà del 2021 ha visto i prezzi lievitare in modo costante, inasprendo la concorrenza tra le acciaierie determinate ad acquisire il materiale. Un’attività essenziale ai fini del riciclo, e che nel 2018 ha visto la filiera italiana in prima linea con oltre 19 milioni di tonnellate di rottami utilizzate, come riporta ancora Federacciai.
Le complessità dello scenario non però distrarre dalla possibilità per il comparto di difendere la propria posizione: l’Italia è uno dei maggiori esportatori nel settore metallurgico, seconda in Europa dopo la Germania e settima a livello mondiale.
La meta di maggiore importanza resta l’Europa, come conferma l’Osservatorio Economico del Ministero degli Esteri: oltre l‘80% delle esportazioni oltreconfine è diretto al nostro continente, con Germania e Francia a rappresentare due partner strategici.
Tra le mete extraeuropee, un ruolo di primo piano viene svolto dagli Stati Uniti, che assorbono circa l’8,2% delle vendite.
Tra i prodotti più esportati figurano ferro, ghisa e acciaio di prima trasformazione, con una percentuale complessiva superiore al 20% sul totale dell’export italiano.
Guardare ai mercati esteri e alla loro evoluzione continuerà dunque a essere una tappa obbligata per le imprese che vogliano restare competitive.
Nuovi modelli di crescita: tra innovazione e sostenibilità
La transizione verso nuovi modelli di business è ormai una realtà anche per il metallurgico.
Una trasformazione in corso da tempo, che alla luce dei piani di sviluppo europei e nazionali sembra ora prendere una forma sempre più definita.
Anche qui come per altre realtà, il tema centrale è quello della sostenibilità delle produzioni: un impegno che molte aziende italiane hanno tradotto in risultati concreti.
Il settore metallurgico è infatti la seconda componente della nostra manifattura per investimenti ambientali, secondo le rilevazioni ISTAT analizzate da Federacciai: una predisposizione che in 10 anni ha consentito alla siderurgia – che rappresenta più del 60% della produzione metallurgica – di ridurre di oltre il 60% le emissioni di polveri per tonnellata di acciaio prodotta.
Dal 1990 a oggi si sono inoltre dimezzate le emissioni di Co2 nell’atmosfera, così così come il consumo di acqua utilizzata nel ciclo produttivo: -14% tra il 2010 e il 2018.
I dati fotografano un sistema capace di farsi carico del cambiamento per restare competitivo: un atteggiamento che sarà essenziale per continuare a crescere ora più che mai.
Solo continuando a investire in questa direzione le imprese italiane potranno difendere la leadership conquistata, restando un punto di riferimento in Europa (e non solo) per efficienza e qualità del prodotto finito.
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