Il settore automotive è chiamato a cambiare il proprio modo di agire e di crescere: un impegno non più prorogabile.

Di fatto, il calo della produzione e delle vendite dei mesi passati ha messo le aziende di fronte alla consapevolezza di adottare nuove strategie.

Settore automotive: chiavi inglesi e motore/Automotive industry: wrenches and car engine

Un bisogno che diventa urgenza alla luce delle complessità che ancora interessano il mercato: aumento dei prezzi delle materie prime (come ferro, gomma e chip elettronici), difficoltà nel reperimento di componentistica, cambi nelle abitudini dei consumatori e necessità di una riconversione industriale in ottica sostenibile.

Automotive italiano: fatti e cifre

Il settore automotive italiano è articolato e al suo interno rientrano numerose realtà: da quelle specializzate nella produzione di autoveicoli (vetture, autocarri, autobus, rimorchi e semirimorchi) fino alla componentistica (tra cui motori, parti elettriche, meccaniche e in gomma). In quest’ultimo segmento le imprese italiane hanno saputo sempre distinguersi.

Basti pensare che circa il 20% del valore aggiunto generato dalla filiera della componentistica viene inglobato dai prodotti esportati dagli altri partner commerciali: lo conferma una ricerca a cura di Cassa Depositi e Prestiti, EY e Luiss Business School.

Si tratta della prova evidente di un’attività fortemente radicata nei mercati internazionali, con la Germania che resta il nostro primo cliente nell’Unione.

Proprio la profonda integrazione tra gli operatori del mercato europeo ha acuito la contrazione della produzione industriale a cui si accennava in precedenza, dando vita a un vero e proprio effetto a catena.

Questo spiega il calo generalizzato che nel 2020 ha interessato sia l’import che l’export italiano (rispettivamente -12,8 e -9,7%), fotografato da Anfia in una ricerca di mercato. Tra le poche eccezioni figura l’interscambio di componenti verso gli Stati Uniti, il solo Paese nella top 10 dei nostri partner verso cui sono aumentate le esportazioni nel corso dell’anno precedente (pari a €1,88 miliardi).

Ma accanto a quelle negative, ci sono altre cifre di cui tenere conto quando si tratta di settore automotive.

Sono i numeri che raccontano un comparto da oltre 52 miliardi di fatturato diretto e con oltre 300mila addetti nel 2018 tra occupati del settore produttivo propriamente detto (circa 212mila) e addetti alla rete commerciale (ca. 90mila).

I dati fanno immediatamente comprendere la centralità del settore per il nostro sistema economico; ecco perché la definizione di nuove strategie e linee d’intervento chiare può guidare il rilancio di molte imprese attive in Italia.

Le strade della ripresa: sostenibilità, innovazione e partnership strategiche

Quali sono le vie percorribili dagli operatori del mercato per raggiungere gli obiettivi e migliorare i risultati ottenuti?

Senza dubbio, la graduale transizione verso nuovi modelli di mobilità impone un’attività di ricerca e sviluppo sempre più consistente. Ciò vale in particolare per il mercato dei mezzi ibridi ed elettrici: una componente del mondo automotive in crescita anche in Italia, come testimoniato anche dati Anfia di marzo.

Settore automotive: dettaglio di un fanale/Automotive industry: detail of a car light

Nell’arco del mese, le autovetture elettrificate hanno contato per circa il 36% delle nuove immatricolazioni, mentre prosegue la frenata per auto a benzina e diesel, con quest’ultime a rappresentare oramai un quarto del mercato nel primo trimestre del 2021.

Pesano sul risultato sicuramente gli ecoincentivi statali, ma anche la maggior sensibilità dei consumatori verso mezzi di trasporto che privilegiano una riduzione delle emissioni e degli impatti ambientali.

Al fine di favorire progetti innovativi, continuano a essere prioritari gli investimenti in ricerca e sviluppo condotti dalle aziende: l’Italia può contare sulla solida preparazione ingegneristica in campo meccanico e meccatronico richiesta a questo scopo.

Ecco perché resta di fondamentale importanza la continua collaborazione tra il settore privato, le istituzioni pubbliche e il mondo accademico, al fine di stimolare la progettazione di nuovi modelli sul territorio nazionale, valorizzando così competenze tecniche e manageriali.

La crescente attenzione per forme di mobilità sostenibile conduce alla necessità di ripensare non solo il trasporto privato, ma anche quello pubblico: si presenta così l’occasione per un rilancio del comparto dei bus, da sempre tra le produzioni di punta dell’automotive nostrano. Vitale ai fini di una ripartenza del comparto è anche la ripresa del settore turistico, che potrebbe condurre a una crescita della domanda di nuovi mezzi.

Accanto alla sviluppo di veicoli a basso impatto ambientale e con elevati standard di sicurezza, un’altra via da percorrere è quella della costruzione di partnership strategiche lungo l’intera catena del valore.

A questo fine, la già citata ricerca di CDP suggerisce la possibilità d’incentivare forme di aggregazione tra produttori e fornitori, soprattutto nell’ambito della componentistica, al fine di rafforzare la presenza delle aziende sui mercati internazionali – in particolare quelle del Centro Sud – e di ridurre i possibili effetti negativi derivanti da un’interruzione dell’operatività.

I fattori abilitanti: le nuove tecnologie

Quali sono gli strumenti che rendo possibile quanto descritto finora?

Certamente un enorme aiuto deriva dalla tecnologia. La costruzione di un vantaggio competitivo sostenibile passa sempre di più attraverso l’adozione di nuovi modelli di progettazione e di gestione basati sui paradigmi dell’Industria 4.0.

Tra i fattori abilitanti, uno degli esempi più immediati è quello dell’Intelligenza Artificiale, utilizzata ad esempio per formulare previsioni di mercato e ottimizzare le produzioni, riducendo rischi e costi.

Una ricerca a cura di Capgemini – disponibile qui – fotografa alcuni esempi di applicazione dell’AI all’interno del settore automotive, mettendo in luce i vantaggi per le imprese.

Audi sta ad esempio adottando sistemi di visione avanzati per rivelare difetti di produzione nei veicoli, mentre General Motors si è avvalsa di sistemi di machine learning per automatizzare il design di alcune componenti, incrementando l’efficienza dei processi.

Volkswagen ha elaborato modelli di previsione delle vendite per 250 modelli in 120 mercati del mondo, in modo da studiare attentamente le possibili evoluzioni della domanda.

Guardando al futuro, è auspicabile che questo approccio venga utilizzato in modo sempre più ampio dagli attori della filiera: il ricorso a soluzioni innovative tocca campi differenti, dal marketing alla progettazione passando per il controllo qualità e l’analisi di mercato.

In un contesto mutevole, disporre di strumenti adeguati sarà dunque determinante anche per le aziende del settore automotive.

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