È entrato ufficialmente in vigore il 1° gennaio di quest’anno l’AfCFTA, acronimo di African Continental Free Trade Agreement. 

Di che cosa si tratta e quali saranno le conseguenze di questo nuovo accordo commerciale internazionale? 

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Innanzitutto, alcuni numeri: l’accordo coinvolgerà 53 nazioni – vale a dire l’intera Africa a esclusione dell’Eritrea – con un PIL complessivo di oltre $3.400 miliardi. Si tratterà della seconda maggiore area di libero scambio del mondo, con l’obiettivo di rilanciare l’economia del continente e sostenerne lo sviluppo in ottica internazionale, come ribadito dall’Unione Africana. 

Il trattato ha l’obiettivo di favorire l’integrazione dell’Africa nelle rotte del commercio globale, diversificandone l’export – destinato a crescere per $560 miliardi - e stimolando gli scambi tra le nazioni aderenti: obiettivi realizzabili attraverso la riduzione dei dazi doganali, la semplificazione burocratica e l’attrazione d’investimenti stranieri. 

La crescita attesa consentirebbe alle economie locali di stabilizzarsi, favorendo l’impiego di maggiori risorse per la lotta alla povertà, da sempre prioritaria in unarea che, secondo le stime dell’ONU, conterà entro il 2050 oltre 2,5 miliardi di abitanti. 

Se implementato in modo ottimale, l’AfCFTA potrebbe condurre 30 milioni di persone al di là della soglia di povertà assoluta, grazie a un aumento dell’occupazione e a uno sviluppo del tessuto industriale e del terziario. 

Come ricordato dall’economista Albert Zeufack della Banca Mondiale, i benefici dell’accordo potranno realizzarsi pienamente solo in presenza di un’attenta azione dei governi nazionali: un coordinamento e un monitoraggio costante delle misure saranno necessari per garantire la loro efficacia, permettendo uno sviluppo reale del continente. 

La creazione di un’unica area di scambio e l’abolizione dei dazi sul 97% delle merci entro il 2030 potrebbe mettere a rischio le economie delle nazioni più deboli come SomaliaCiad e Sud Sudan, che rischierebbero di vedere compromessa la già fragile tenuta delle proprie produzioni nazionali. 

Accanto alle sfide per la politica locale, non mancano tuttavia le opportunità: si stima che l’entrata in vigore dell’AfCFTA favorirà la creazione di oltre 14 milioni di posti di lavoro entro il 2025, grazie soprattutto alla crescita della manifattura africana. Con una produttività destinata a raddoppiare e a raggiungere i $1.000 miliardi, la crescita dell’industria si affianca a quella dell’agricoltura, chiamata a soddisfare la crescente domanda di cibo a livello globale attraverso nuove politiche di produzione e distribuzione sostenibili. 

E le imprese italiane? Quali sono i vantaggi che le aziende del nostro Paese possono trarre dalla crescita dell’economia africana? 

Gli anni recenti sono stati caratterizzati da un deciso aumento delle esportazioni verso i Paesi dell’Africa settentrionale e di quella subsahariana, soprattutto per quanto riguarda i beni ad alto valore aggiunto come i macchinari industriali: da sempre tra i prodotti di punta della nostra manifattura, hanno goduto nel corso degli ultimi anni di una domanda crescente, trainata dai piani di sviluppo infrastrutturale promossi dai governi locali. Un esempio è quello del Ghana, la cui domanda di beni strumentali in tempi precedenti a quelli della pandemia era caratterizzata da un incremento medio del 7% annuo. 

Altri esempi sono quello della Tanzania, caratterizzata negli ultimi anni da un aumento dell’importazione di metalli e circuiti elettrici, mentre prodotti chimici e mezzi di trasporto hanno avuto negli ultimi anni un sensibile aumento tra le esportazioni italiane dirette in Kenya. 

Significative anche le occasioni di business in Sudafrica, importante partner commerciale del nostro Paese dove lo sviluppo del settore agricolo e minerario ha determinato in tempi recenti un incremento nella domanda di macchinari per il packaging alimentare, la refrigerazione e la trasformazione delle materie prime. 

Un quadro economico mondiale reso ancora complesso dall’emergenza sanitaria ha rallentato questi trend: le perdite per $79 miliardi accumulate dall’economia africana nel solo 2020 richiedono una rapida attuazione delle misure previste all’interno dell’accordo, così da consentire un pieno sviluppo del commercio continentale e di quello internazionale. Una via percorribile per le nazioni africane, ora pronte ad acquisire una propria posizione nel sistema di scambi mondiale, emancipandosi dal proprio passato coloniale per inaugurare una stagione di nuove politiche economiche. 

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