Il settore lattiero-caseario è una componente fondamentale dell’agroalimentare italiano che non ha bisogno di presentazioni.
Sono infatti numerose le eccellenze in questo ambito presenti da sempre sulle nostre tavole, ma ormai insostituibili anche per i consumatori stranieri.
Lo provano i dati dell’export relativi al 2020, anno di enormi difficoltà ma in cui l’Italia è riuscita a posizionarsi sesta nella top 10 degli esportatori mondiale, con un giro d’affari superiore ai €3 miliardi.
Lo conferma un’ analisi a cura di BPER Estero che fotografa l’andamento del settore a livello mondiale: tra il 2011 e il 2020 la domanda è cresciuta in media del 3% all’anno, e con la battuta di arresto scatenata dalla pandemia le aziende italiane hanno saputo reagire meglio del previsto. In che modo? E con che risultati?
I dati del settore: mercati esteri e marchi sempre più forti
Se da un lato nel 2020 la crescita del comparto è stata più contenuta del previsto, dall’altro è evidente come le misure restrittive degli ultimi due anni abbiano spostato il focus sui consumi domestici, anche per quanto riguarda latte e derivati.
Una constatazione che ha fatto della GDO il canale di vendita più importante per le aziende, in Italia e non solo: lo rivelano i dati di Assolatte, i cui associati rappresentano oltre il 90% del fatturato del settore.
I primi sei mesi del 2021 hanno confermato il consolidarsi di una tendenza positiva, che emerge anche da numerosi mercati stranieri.
Con un export cresciuto del 12% durante il primo semestre dell’anno, i produttori nostrani si sono rivelati ancora una volta capaci di consolidare la propria presenza in mercati maturi e in altri emergenti. Non a caso, circa il 40% della produzione casearia italiana viene venduta all’estero.
Tra i primi acquirenti spiccano Francia, Belgio, Germania, Paesi Bassi e Stati Uniti (ben +27,3% rispetto al 2020), ma interessanti sono anche le prospettive in Cina, che negli ultimi anni ha dimostrato un deciso apprezzamento per cibo e bevande italiane.
Si tratta di risultati importanti che riflettono la progressiva ripresa degli scambi internazionali e la risalita dei consumi anche al di fuori della casa.
Tra i prodotti storici che continuano a macinare successi, va senza dubbio menzionata la mozzarella, seguita da Grana Padano e Parmigiano Reggiano, ormai autentiche icone del Made in Italy alimentare.
Per quanto riguarda proprio la mozzarella, nel primo semestre del 2021 essa ha rappresentato, insieme ai formaggi freschi, oltre il 16% dell’export nazionale. Come mostrano le elaborazioni a cura di Clal.it, le esportazione tra gennaio e ottobre 2021 sono cresciute complessivamente del 12,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in particolare in alcuni Paesi.
Tra questi figura la Francia, che assorbendo oltre il 34% delle venditesi rivela un partner commerciale essenziale per le aziende del settore lattiero-caseario.
Nuove strategie per competere domani
Questa breve panoramica rivela dati rassicuranti, che ancora una volta testimoniano l’apprezzamento per le eccellenze gastronomiche italiane.
Ma, al di là dei dati, crescere domani significa sviluppare da oggi nuove strategie con cui affrontare uno mercato complesso e una competizione agguerrita.
Come accennavamo all’inizio di questo articolo, l’Italia si è mantenuta tra i primi 10 esportatori di formaggi e latticini a livello globale, ma sono senza dubbio presenti margini di miglioramento per le nostre imprese.
Dopotutto, l’Italia può vantare un elevato numero di etichette DOP capaci di certificare l’unicità di altrettanti prodotti del territorio, rispecchiando un insieme di tradizioni e conoscenze con pochi eguali al mondo.
Un primo passo da compiere è quello della costruzione di relazioni commerciali nuove, soprattutto per tutte quelle realtà produttive che ancora guardano poco ai mercati esteri.
La ripartenza dell’Horeca e del turismo nei prossimi mesi incentiva sicuramente una scelta strategica di questo tipo: ad esempio, potrebbe essere una buona idea individuare partner distributivi nell’ambito della ristorazione e delle catene alberghiere, scegliendo quelli in aree ancora inesplorate.
Si tratta ovviamente di un tassello all’interno di un mosaico più grande come quello della ripartenza post-Covid, ma che le imprese, anche del settore lattiero-caseario, non posso fare a meno di considerare in questo momento.
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