Il settore delle bevande italiano è ampio e variegato: al suo interno confluiscono realtà specializzate in prodotti diversi, alcolici e analcolici, ma con alcune caratteristiche in comune.
Quali?
Sicuramente, una vocazione per l’export, il grande apprezzamento sui mercati internazionali e le notevoli sfide affrontate in tempi recenti, soprattutto con lo stop al turismo e le chiusure del canale Horeca.
Con performance differenti per le varie merceologie (vini, liquori, bevande gassate e non solo), le aziende sono chiamate ora a sviluppare nuove strategie, cercando il proprio spazio all’interno di un contesto internazionale sempre più complesso.
Vino e spiriti: uno sguardo al presente (e al futuro)
Nonostante le inevitabili difficoltà, il 2020 e i primi mesi di quest’anno hanno mostrato segnali interessanti per il comparto vitivinicolo nostrano.
In particolare, come emerge dai dati dell’Osservatorio Economico del Ministero degli Affari Esteri, l’Italia ha incrementato la propria quota di mercato tra il 2019 e il 2020, mantenendo la seconda posizione nella classifica globale degli esportatori di vini d’uve.
Prima di noi c’è solo la Francia, che ha dovuto affrontare maggiori difficoltà durante lo scorso anno.
Il rilancio del turismo e del settore della ristorazione fa ben sperare, soprattutto alla luce delle stime di crescita del mercato mondiale del vino.
Come emerge infatti da un’analisi di Statista raccontata da Wine News, il giro d’affari del settore dovrebbe raggiungere la quota ragguardevole di 528,7 miliardi di dollari nel 2025. Non mancano dunque occasioni di business per un prodotto sempre più apprezzato nel mondo, e nella cui produzione le aziende italiane hanno sempre saputo distinguersi.
Lo provano i recenti dati di export per nazione, in cui si fanno sempre largo aree come il Canada (+1.5% di export a fine 2020 rispetto al 2019) e la Scandinavia, dove spiccano Svezia (+5%) e Norvegia (+29,8%). Un exploit che testimonia i margini di crescita ancora presenti in numerosi territori, dove in futuro si può giocare la crescita delle nostre imprese.
Dati positivi arrivano anche da Est, con la Russia che nel primo trimestre dell’anno ha accresciuto la propria domanda di vini italiani del 17,3% rispetto al 2020. Lo riporta Federvini, sottolineando come il periodo lasci intravedere segnali incoraggianti, nonostante si registrino maggiori difficoltà per gli spiriti che in quest’area hanno registrato un calo.
Proprio i liquori, duramente penalizzati dai mesi precedenti, sono chiamati ora a recuperare terreno, soprattutto alla luce del prolungamento della sospensione dei dazi USA su numerosi prodotti provenienti dall’Unione Europea: una buona notizia per tante aziende specializzate in questo ambito.
Guardare ai prossimi mesi resta dunque fondamentale per la realtà di questa filiera, storicamente tra le più rappresentative del Made in Italy.
Bevande analcoliche: export di acqua minerale e sfide per i produttori di bibite
Come è evoluto invece il mercato delle bevande analcoliche?
Un’altra importante componente del nostro agroalimentare, da sempre apprezzata in molte parti del mondo e che nei mesi passati ha dovuto reagire prontamente a situazioni inaspettate.
Lo provano i dati dell’export di acqua minerale in bottiglia commentati da Exportplanner: un prodotto penalizzato dalle chiusure del 2020 ma che ha saputo difendere la propria posizione, soprattutto nel segmento delle acque di qualità medio-alta, le cui esportazioni hanno raggiunto i 249 milioni di euro nel 2020.
Nonostante il calo dovuto alla chiusura dei ristoranti, il mercato delle acque minerali ha dunque assunto una posizione di rilievo a livello internazionale, conquistando da tempo importanti aree come gli Stati Uniti, prima destinazione delle nostre esportazioni.
Altre importanti mete si confermano Svizzera, Francia e Gran Bretagna, ma non mancano margini di crescita in Paesi come Israele e Emirati Arabi, dove il consumo delle nostre acque è aumentato negli ultimi anni.
E per quanto riguarda le bevande analcoliche?
Tra le sfide maggiori per gli operatori del settore c’è il varo della cosiddetta sugar tax, che secondo le associazioni di categoria come ASSOBIBE rischi di deprimere i consumi e pesare eccessivamente sulle imprese.
Per un settore che nel nostro Paese contribuisce a generare – direttamente e indirettamente – un valore aggiunto da oltre 4,9 miliardi di euro, elaborare nuove strategie è essenziale.
Proprio la ricerca continua di nuove soluzioni per i propri prodotti è uno dei tratti distintivi della filiera: in Europa, il 40% delle bevande è stato introdotto negli ultimi 5 anni, a dimostrazione della dinamicità di un mondo popolato da bibite, energy drink e succhi di frutta.
Per continuare a contribuire a questo successo, sarà fondamentale continuare a presidiare i mercati esteri, dando la giusta visibilità ai tanti prodotti proposti dalle nostre aziende. Una necessità che tocca l’intero settore beverage e le realtà che ne fanno parte.
Ultime news