L’attuale scenario politico-economico si presenta radicalmente diverso da un anno fa: tra gli effetti, anche lo stop a importanti eventi come le fiere di settore.
I recenti provvedimenti adottati dai governi mondiali hanno avuto una pesante ricaduta sull’operatività di tutti i settori, in ogni nazione, costringendo professionisti e imprenditori a rivedere le proprie strategie.
L’Italia, seconda forza manifatturiera dell’Eurozona, si è vista costretta ad adottare modalità d’intervento che hanno pesantemente inciso sull’andamento delle piccole e medie imprese, autentica ossatura del sistema economico locale.
Tra le conseguenze, come noto, si colloca anche lo stop alle fiere, da sempre una preziosa occasione d’incontro per le imprese e un’opportunità per costruire nuove relazioni commerciali, ampliando la portata del proprio business.
In particolare, le fiere di settore italiane ed estere hanno storicamente rappresentato uno strumento utile a rilanciare il nostro export, consentendo all’imprenditoria italiana di valorizzare la propria produzione e di trovare nuovi partner strategici.
Tali eventi hanno infatti contribuito a rafforzare il prestigio del Made in Italy, permettendo a numerosissime piccole realtà di portare la nostra manifattura in tutto il mondo.
Basti pensare che le esportazioni dirette delle MPI (micro e piccole imprese) manifatturiere valgono oltre 60,1 miliardi di euro, circa il 3,5% del nostro PIL, a cui si somma l’elevata percentuale di occupati all’interno delle aziende sotto i 50 dipendenti, pari a oltre 11 milioni di persone.
Alcune filiere – come quella meccanica – costituiscono una componente fondamentale sotto questo punto di vista: nella sola Emilia Romagna ad esempio, tale filiera contribuisce a oltre il 56% delle esportazioni regionali verso l’estero.
Si può facilmente comprendere come lo stop forzato alle fiere di settore potrebbe ostacolare la ripresa dell’export nei prossimi mesi, considerato un fattore fondamentale per il rilancio del Paese nel 2021.
Ed è proprio per scongiurare questo rischio che ora più che mai le PMI italiane devono pensare a nuove modalità con cui gestire la propria presenza sui mercati internazionali: Matchplat ha compreso da tempo l’importanza di questa esigenza, sviluppando una serie di servizi pensati per supportare le imprese nell’espansione del proprio business fuori dall’Italia.
Se infatti oggi è corretto parlare d’industria 4.0 a fronte di una costante evoluzione dei processi produttivi, diventa imprescindibile applicare le stesse logiche anche alle modalità con cui si costruiscono relazioni: in altre parole, i processi di ricerca e sviluppo – attività in cui le nostre PMI si sono sempre distinte – devono riguardare anche l’internazionalizzazione del business.
Per questa ragione, Matchplat ha progettato soluzioni in cui la ricerca di nuovi partner si basa su Big Data e Intelligenza Artificiale: tecnologie digitali in grado d’individuare in modo rapido e preciso potenziali clienti, fornitori e distributori in tutto il mondo, senza necessità di spostamenti e partecipazioni a eventi fisici.
Grazie a un database da oltre 30 miliardi d’informazioni commerciali, mettiamo a disposizione delle aziende un vero e proprio mondo di dati sempre aggiornati con cui accrescere le proprie probabilità di successo, dentro e fuori il mercato italiano.
Un recente rapporto a cura di CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa) fotografa infine un tessuto imprenditoriale resiliente: secondo lo studio, le PMI del nostro Paese avrebbero reagito meglio rispetto alle omologhe di altri paesi europei durante i mesi passati.
La piccola e media impresa italiana si riconferma dunque un asset strategico, dotato di grande spirito di adattamento e capace di guardare in avanti: per questa ragione ora più che mai, essa deve dotarsi di strumenti con cui innovare la propria operatività, instaurando nuove relazioni in modo efficiente all’interno dei mercati più adatti ai loro obiettivi.
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