L’industria chimica è una delle assolute protagoniste della nostra economia: lo testimoniano i dati forniti da Federchimica.
Un settore con una produzione ad alto valore aggiunto: oltre 55 miliardi di euro, pari al 9,5% del totale europeo. Cifre che ne fanno il quarto comparto dell’industria italiana.
Come è cresciuto il settore negli ultimi anni? Quali sono le prospettive per i prossimi mesi e con che soluzioni le imprese potrebbero fare sempre meglio?
Il settore chimico: tra specializzazione e innovazione
Cominciamo con qualche numero.
L’industria chimica italiana ha un peso notevole nel quadro europeo e mondiale: è la terza del continente e la dodicesima a livello globale. Le connessioni tra le imprese del mercato europeo sono profonde, tanto da poterlo considerare un vero e proprio mercato “domestico” per le nostre aziende.
Quest’ultime sono circa 2.800 e impiegano più di 112.000 persone altamente qualificate: proprio il livello di specializzazione del personale costituisce uno dei punti di forza del comparto. A questo si sommano gli investimenti in ricerca e sviluppo.
Secondo un report a cura di Federchimica, circa il 50% delle realtà presenti in Italia dispone di un dipartimento di R&S interno. Il 56% delle imprese censite ha sviluppato attività d’innovazione di prodotto, contro una media del 35% del settore manifatturiero. Una quota considerevole di aziende svolge inoltre innovazione di processo (circa il 49% del campione).
Questi dati ci permettono di comprendere come le numerose filiere della chimica giochino un ruolo fondamentale nel realizzare e distribuire prodotti ad alto contenuto tecnologico: i beni intermedi vengono inseriti in processi successivi, accrescendo così la diffusione di soluzioni innovative.
Ecco perché la chimica riveste un ruolo di primo piano nel promuovere la transizione dell’ intera industria verso nuovi modelli di produzione: più sostenibili, meno inquinanti e all’insegna dell’efficienza.
La chimica può dunque giocare un ruolo di primo piano nella transizione ecologica promossa dall’Unione Europea: un percorso di riconversione industriale che sarà determinante negli anni a venire. In questo senso, parlare di chimica 4.0 è ormai sempre più comune. La ricerca nell’ambito procede rapidamente, e tecnologie come l’Intelligenza Artificiale si stanno rivelando determinanti, come emerge anche da una ricerca di Deloitte dedicata al tema.
In particolare, i benefici più immediati riguardano l’aumento della produttività e la riduzione dei rischi: l’impiego di algoritmi di AI consente ad esempio di raccogliere informazioni chiave sulla produzione, mantenendo sotto controllo gli impianti e riducendo le emissioni nocive per l’ambiente. Molte aziende come l’austriaca Borealis, specializzata in polietilene e polipropilene, hanno già adottato soluzioni simili.
L’importanza dell’export: la crescita del settore e i trend recenti
Altro elemento distintivo della chimica italiana è la sua solida presenza internazionale: dal 2007 al 2019 si è registrato un aumento costante delle esportazioni verso l’estero (+37%).
Questo ha permesso di contenere le perdite – in termini di know how e occupazione – seguite alla contrazione del mercato interno con la crisi del 2009-2010.
L’Italia ha così conquistato la seconda posizione tra le nazioni europee esportatrici di prodotti chimici, superando anche la Germania: un risultato a cui certamente contribuisce la grande ricettività dei mercati extra-UE.
Qui nel 2019 la nostra bilancia commerciale ha infatti registrato un saldo positivo pari a 2,2 miliardi di euro.
Al di là del dato geografico, differenze si registrano poi per le diverse filiere: particolarmente rilevante è il risultato per la chimica fine e specialistica, con un avanzo positivo di 4,2 miliardi nello stesso periodo.
La battuta d’arresto del 2020 si è ripercossa in maniera differente all’interno dei mercati internazionali, con territori come Cina, Germania e Polonia in cui l’andamento del nostro export è rimasto positivo.
Quali sono le prospettive per i mesi a venire in vista della ripartenza?
I dati più recenti fotografano una ripresa delle esportazioni chimiche dirette verso l’estero: un risultato a cui certamente contribuisce il settore farmaceutico con la sua domanda di componenti in crescita nel corso degli ultimi mesi.
Ci troviamo dunque di fronte a un momento cruciale per le nostre imprese. L’Osservatorio Economico del Ministero degli Affari Esteri evidenzia un incremento delle esportazioni per i prodotti chimici su base congiunturale nel periodo gennaio/febbraio 2021 (+0.2%).
Benché la crescita sia contenuta, la tendenza è quindi positiva: come sfruttarla al meglio per un settore da sempre al centro della nostra economia?
Tecnologia e attenzione al mercato
La risposta a questo quesito contempla una molteplicità di elementi: da un lato, il ricorso sempre maggiore a nuove soluzioni tecnologiche, dall’altro uno studio imprescindibile del contesto internazionale.
Si tratta di una nuova sensibilità che sempre più imprese stanno facendo propria: come evidenziato in precedenza, ricerca e sviluppo sono tratti peculiari di un’industria estremamente ampia e complessa.
Dai detergenti per la casa fino ai fertilizzanti, passando per i preparati farmaceutici e i gas medicinali: queste sono solo alcune delle numerose declinazioni del settore. L’obiettivo principale resta per tutte uno: continuare a valorizzare le proprie produzioni attraverso un continuo miglioramento dell’offerta.
A questo si deve sommare uno studio del mercato sempre più attento: in un contesto mutevole, costruire relazioni di valore lungo l’intera supply chain è un impegno non più prorogabile e destinato a tradursi in nuove occasioni di business.
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